Di fronte a me

di Hannah Stazya

 

Parte prima

 

Era lì, proprio di fronte a me. Non sapevo come fosse possibile, ma era lì. Mi fermai di scatto, paralizzata nel bel mezzo del mercato dove facevo la spesa quando ero in vacanza. Lui, la mia fantasia proibita, l’oggetto dei miei sogni a occhi aperti, lui era lì. Proprio di fronte a me. Per alcuni secondi il mio sguardo rimase incollato nel suo. Per alcuni secondi, il tempo smise scorrere. Le grida dei venditori, i passanti che cercavano di farsi largo, i bambini che correvano a destra e sinistra ignorando i richiami dei genitori… tutto era svanito. Tutto. Anche il terreno che avrei dovuto avere sotto i piedi. Lui era lì di fronte a me e tutto il resto non esisteva.

*****

Qualche mese prima.

La sveglia suonò. Quel suono odioso che maledicevo regolarmente ogni mattina perché mi ricordava puntuale l’immutabile lista dei miei doveri quotidiani. Le pulizie, i bambini, il lavoro. 10 anni di matrimonio, tre figli e un marito con cui le cose erano diventare complicate. I momenti di follia erano da tempo svaniti, tanto che mi chiedevo se mai ci fossero stati. Non ci si capiva più e io, a quarant’anni appena compiuti, ero una donna insoddisfatta. Avevo bisogno di passione. Lo sentivo nei miei sogni bagnati. Lo sentivo nei miei pensieri, impuri quando la mente cosciente andava altrove. Lo sentivo nel mio corpo, in quelle sensazioni a fior di pelle che la logica e anni di educazione facevano di tutto per sopprimere.

La notte prima, durante una serata tra amiche, Sophie mi aveva iscritto per ridere a una di quelle chat per trovare l’amore. Avevo bevuto più del solito e con l’alcool in corpo ero stata al gioco. In chat c’era un certo Richard, e senza più i freni della ragione a tenermi, mi ero lanciata in una conversazione folle. Messaggio dopo messaggio, il gioco si era fatto serio. Al punto che gli promisi che ci saremmo risentiti. Ma sì, tanto domani mi avrà già dimenticata, e io pure, mi diceva quel briciolo di lucidità che ancora conservavo.

E invece, quella mattina, mentre leggevo le email tentando di farmi passare il mal di testa, una in particolare mi saltò all’occhio. L’oggetto diceva “Richard ti ha lasciato un messaggio”. Mi si bloccò il fiato in gola. Era lì, nero su bianco. La prova di quello che avevo fatto. Sotto l’effetto dell’alcol mi era sembrata una cosa molto divertente. In quel momento, alla luce del giorno, mi sembrò una catastrofe. Mi guardai dietro le spalle, colpevole. E col terrore che qualcuno potesse cogliermi di soppiatto, aprii il messaggio.

«Buongiorno Bella di notte (dovevo ringraziare Sophie per il nickname…), mi è piaciuta molto la nostra conversazione ieri sera e mi piacerebbe se la continuassimo.»

Colma di disapprovazione, chiusi il browser e spensi il portatile, come se così facendo avessi potuto cancellare quello che era successo la notte prima. In fondo allo stomaco, tuttavia, mi sentivo elettrica. Nei pochi istanti in cui ci eravamo scritti era come se fosse successo qualcosa. Se la sera prima potevo dare la colpa all’alcol, quella mattina ero perfettamente sobria. E potevo chiaramente sentire qualcosa vibrare dentro di me. Forse avevo solo sottovalutato il potere della curiosità. Volevo saperne di più. Ma avevo anche voglia di provare di nuovo quel brivido. E poi, mi dicevo, lui abita lontano. Non mi sembrava una cosa così rischiosa.

E fu con una leggerezza che sfiorava l’incoscienza che gli risposi quella mattina. E di nuovo il giorno dopo. E quello seguente. Messaggio dopo messaggio, iniziai a conoscerlo, a ridere alle sue battute, ad aspettare con impazienza il messaggio successivo. Era sposato e infelice, come lo erano tante persone, a cominciare da me. A poco a poco, nel giro di qualche settimana, sapeva più di me e di come pensavo che del mio povero marito, che non era arrivato a capirmi così bene nemmeno dopo anni. Preferivo non pensarci. In breve tempo diventò il mio ossigeno, e, come l’ossigeno, non potevo più farne a meno. E così andavamo avanti. Finché, una mattina, non successe l’inaspettato.

Il suo messaggio diceva: “Vengo a Roma questo weekend. Ci vediamo?”. Ci vediamo? Ma con quale coraggio mi faceva questa domanda, lui che era sposato come me! Certo, adoravo le nostre discussioni al punto da essere diventate la mia droga quotidiana. Ma incontrarsi? Di persona? No, impossibile. Non potevo fare una cosa del genere a mio marito. Non potevo fare una cosa del genere a sua moglie! Eppure, dentro di me, morivo dalla voglia. Lui rappresentava tutto ciò che sognavo. Lui era quel brivido di follia che mi mancava e che bramavamo come l’acqua a un assetato. Chiusi gli occhi e immaginai il nostro incontro. Non avremmo parlato molto. Lo avrebbero fatto i nostri corpi, l’uno contro l’altro. Le sue mani sul mio sedere per tenermi incollata a lui. Con gli occhi negli occhi ci saremmo baciati appassionatamente. Immaginai un letto sfatto, e noi che facevamo l’amore in modo indecente, animalesco. Immaginai di farlo in tutte le posizioni su cui fantasticavo. Immaginai le mie grida piacere sotto alle sue spinte possenti. E immaginai mio marito, che mi scopriva, me e i miei atti vergognosi. No, non era possibile. Era impensabile. Irragionevole. Declinai il suo invito, maledicendomi al contempo per cotanta codardia. La sua delusione fu lampante. Tangibile nonostante la distanza. Non insisté, ma sentivo che il mio rifiuto lo aveva raffreddato.

I giorni passarono. Alla fine arrivò la settimana di vacanza che aspettavo con ansia. Qualche giorno in riva al mare, per cambiare aria e fare finalmente una pausa. A lui non dissi niente. Non mi andava di farglielo sapere. Continuavo a sentirmi un po’ a disagio per averlo rifiutato e, devo ammettere, un po’ infastidita dal fatto che non avesse insistito.

*****

Il tempo tornò a scorrere. Lui era lì con sua moglie e nel suo sguardo potevo leggervi lo stesso terrore del mio, probabilmente all’idea che lei potesse capire tutto anche senza sapere niente. Che ci faceva lì? Mi aveva forse seguita? E come poteva sapere dove sarei andata, se nemmeno glielo avevo detto? La mia testa si riempì di domande a cui non sapevo dare risposta. Il flusso dei pensieri si interruppe quando lo vidi continuare per la sua strada senza fare una piega. Lo guardai allontanarsi, ancora scossa dai brividi come la vittima di un elettroshock. Il mio cuore non voleva saperne di rallentare. Non ebbi il coraggio di girare la testa per vedere dove andava. Intontita e confusa tornai al residence che la mia famiglia aveva preso in affitto per quella settimana.

 
Continua…

Chuchote-Moi

In collaborazione con il portale di letteratura erotica Chuchote Moi, Gleeden presenta i 4 racconti erotici finalisti del concorso “ Chucote Moi x Gleeden.
Chuchote Moi nasce nel 2016 con lo scopo di rendere la letteratura erotica gratuita e fruibile a tutti e allo stesso tempo di offrire la possibilità agli autori del genere di essere remunerati grazie a un sistema a “tip”, ovvero mance che possono essere lasciate a discrezione dei lettori iscritti al sito. Con oltre migliaia di storie e autori, Chuchote Moi è oggi il portale dedicato all’erotismo numero uno in Francia.