Una vacanza indimenticabile

di fran_84

 

Non erano le mie prime vacanze da solo. Anche se, da quando ci eravamo sposati, eravamo sempre andati via insieme. Quell’estate, però, mia moglie lavorava su un progetto che non le permetteva di lasciare la città. A me, invece, le ferie erano imposte dalla puntuale chiusura estiva dell’azienda.

Per questo non fu strano che accettasse che me ne andassi al Sud per qualche giorno, in una regione che non avevo mai visto e che era da tempo che volevo visitare. Ne avevo parlato con un’amica, che veniva da quelle parti e che prontamente mi aveva messo in contatto con una coppia di sua conoscenza disposta ad ospitarmi per un paio di notti. Mi aveva sorpreso, però, quando mi aveva consigliato con aria sardonica di presentarmi con dei fiori per Silvia e una bottiglia di whiskey per Franco. Fu così che, prima di partire, mi recai in enoteca per farmi consigliare una buona etichetta. Finii per farmi convincere ad acquistare uno di quei liquori giapponesi di moda ora, dal profumo floreale e il gusto forte. I fiori li avrei presi sul posto, perché fossero freschi e non appassiti dopo 6 ore di macchina.

Il viaggio fu tranquillo e senza sorprese, e arrivai come previsto nel primo pomeriggio. Fu Silvia ad accogliermi, Franco era ancora al lavoro. Si dimostrò sorpresa, e anche un po’ imbarazzata, quando le misi in mano il mazzo di fiori che un simpatico fioraio locale aveva composto con gusto, nonostante non avessi alcun indizio su che cosa potesse piacerle. Invece, si dimostrò felice della scelta e grata per il pensiero, era da tanto che non riceveva dei fiori, il marito non la viziava più come una volta. Gli risposi ridendo che mi auguravo che il gesto invertisse la tendenza. Arrossì, diventando, se possibile, ancora più incantevole. Tuttavia, ciò da cui davvero non riuscivo a distogliere lo sguardo era altro. La natura era stata molto generosa con Silvia e l’aveva dotata di una florida scollatura; e in quel preciso istante, la suddetta scollatura stava tentando con tutte le forze di debordare dalla camicetta nella quale era confinata. Mi resi conto che stavo fissando. Se ne rese conto anche lei e, con un sorriso, mi chiese se il paesaggio era di mio gradimento. Imbarazzando, mi profusi in scuse balbettanti. Scoppiò in una risata. Sapeva l’effetto che la sua scollatura faceva al genere maschile. Non sapevo cosa rispondere. E non sapevo dove guardare. Finalmente, Silvia ruppe il silenzio e mi invitò a seguirla in camera. La mia camera, precisò maliziosamente. Non sapevo cosa pensare. Appoggiai in terra i bagagli e, come ipnotizzato, mi avvicinai a lei. Senza dire nulla, lei tirò indietro la testa.

«Tesoro, siete su?»

Franco era rientrato e la sua voce mise fine a quell’attimo di eccitazione che si era manifestato tra noi. Scendemmo le scale per raggiungerlo. Era un uomo normale. Senza infamia e senza lode. Mi domandai che cosa Silvia ci trovasse in lui. Gli diedi il suo regalo. Contemplò la bottiglia con interesse, senza però impedirsi un commento sull’eccentricità della scelta. Con una punta di sarcasmo, Silvia gli fece notare che era sicuramente di buon gusto, così come lo erano stati i fiori che avevo portato per lei.

«Lo vedremo quando la assaggeremo», le rispose Franco.

Era l’ora dell’aperitivo e ci spostammo sulla terrazza. Il sole stava calando ma l’aria estiva era calda e piacevole. Una goccia di sudore scivolò lungo la scollatura di Silvia. Ero rapito. Mi chiesi come facesse Franco a restare indifferente. Mi invitò a bere. Con suo disappunto mi aprii una lattina di gazzosa mentre lui si versò una birra. Silvia sorseggiava un martini. Stava diventando buio e Franco aveva bevuto una birra dietro l’altra, ignorando le occhiate di disapprovazione della moglie. La cena continuò sullo stesso andazzo, con Franco sempre più ubriaco e Silvia sempre più infastidita. Si lamentava di tutto, blaterando rabbioso del suo lavoro, dei soldi, di quella regione che odiava. Silvia se ne stava in silenzio, lanciandomi sguardi imbarazzati e chiedendomi perdono per il comportamento del marito.

A fine pasto, Franco dichiarò con voce impastata che era finalmente arrivato il momento di assaggiare il famoso liquore giapponese e se ne versò un bicchiere più che generoso. Declinai i suo invito ancora una volta, essendomi passata del tutto la voglia di bere. Borbottò contrariato e se ne versò un altro. Mi dispiaceva per Silvia, e mi sentivo in imbarazzo per il marito.

Finalmente Franco si alzò. Disse che aveva bisogno di stendersi un momento e uscì barcollando dalla stanza. Poco dopo lo udimmo russare sonoramente. Silvia si scusò per lui. Purtroppo Franco faceva sempre così quando incontrava qualcuno di nuovo. Però adesso eravamo tranquilli, mi disse posandomi una mano sulla spalla. Mi girai verso di lei. Ci guardammo negli occhi, restando in silenzio per non so quanti minuti. Le nostre bocche finirono inevitabilmente per incollarsi l’una all’altra. Mi scostai allarmato.

«E se si sveglia?» Le domandai con una punta di panico.
«Non si sveglierà.» Rispose lei. «Abbiamo tutta la notte per noi.»

Rilassato, ricominciai a baciarla e mi accinsi nell’impresa di liberare finalmente quelle tette formidabili che sembravano essermi state promesse da quando avevo messo piede in quella casa. Anche l’ultimo bottone finì per cedere.

«Quanto sono belle» sospirai.
«Sono anche buone», disse lei. «Assaggiale».

Non mi faci pregare e iniziai a leccarle e succhiarle quei capezzoli imponenti. Silvia faceva le fusa. Avevo voglia di assaggiare anche altre parti di lei. Glielo dissi. Mi rispose che aveva paura di chiedermelo. Le slacciai la cintura e le sbottonai i jeans che finirono in terra. Si mise a sedere sul tavolo e allargò le ginocchia, come ad offrirsi a me. Il suo sesso luccicava dall’eccitazione. Volevo assaggiare quel nettare. Mi inginocchiai tra le sue gambe e inizia a leccarle le labbra e il clitoride. Li succhiai, li mordicchiai. Le mie dita non tardarono a entrare in scena. Silvia si muoveva adesso, la sua figa letteralmente fradicia, il cui lucore mi imbrattava piacevolmente la bocca e le guance. Mugolando, mi chiese di prenderla. Mi spogliai, il mio pene gonfio e teso verso di lei. Lo guardò soddisfatta e lo prese in mano. Le sue mani erano morbide e i suoi movimenti lenti e armoniosi. Fu molto bello. Era tempo di possederla. Accostai il glande all’imboccatura della sua vagina. Rimasi così, qualche istante. Poi entrai dentro di lei. Mi muovevo avanti e indietro, affondando ogni centimetro e rimanendole dentro il più possibile. Il bacino di lei mi seguiva armonioso, entrambi concentrati sul proprio piacere.

«Oooohhh! Ma che cos…?»

Ci fermammo pietrificati. Franco era sulla terrazza, barcollante. Non sapevo che fare. Finalmente lo vedemmo perdere l’equilibro e cadere lungo disteso in terra. Ci chiedemmo per un istante se si fosse fatto male ma fummo presto rassicurati dal suo sonoro russare.

«Tra l’alcol e la botta non si ricorderà niente domattina», mi tranquillizzò Silva. «Dove eravamo rimasti?»

Tutto quel trambusto aveva mi fatto perdere di vigore. Silvia si mise subito all’opera per farmi tornare l’eccitazione e se lo mise in bocca. Si riprese in fretta, complice anche un dito bagnato di saliva introdotto delicatamente nell’ano.
Le dissi che non avrei potuto resistere a lungo.

«Voglio sentire il tuo sperma ardente. Vienimi sulle tette», disse lei.

Si stese a terra e mi invitò a inginocchiarmi sopra di lei, con le gambe strette attorno alla sua vita. Il mio pene era adesso stretto tra i suoi seni, che lei muoveva avanti e indietro. La sensazione era squisita. Finii schizzando a grandi getti sul suo seno. Silvia sorrideva felice. Ci vestimmo e andammo a farci una doccia prima di sollevare Franco e spostarlo sul divano. Un bernoccolo gli ornava già la fronte.

La mattina seguente, a colazione, Silvia e io ci scambiammo uno sguardo complice mentre Franco si scusava per il suo cattivo comportamento buttando giù un’aspina con aria stanca e confusa.

Purtroppo, non avemmo più occasione di rifarlo per il tempo che stetti da loro né facemmo mai alcun accenno a quello che era successo. Tuttavia, mi promisi di ringraziare a dovere la mia amica e il suo consiglio per il ricordo meraviglioso che quella vacanza mi aveva regalato.

 

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