Un team di scienziati americani sentenziano la fine di un mito, quello dell’”interruttore del piacere” femminile su cui si è a lungo dibattuto fin dagli anni ’80.

Amichai Kilchevsky e altri sudiosi dello Yale-New Haven Hospital nel Connecticut hanno deciso di rileggere tutti gli studi sul punto G, pubblicati in letteratura scientifica da quando il “papà” della teoria aveva detto la sua. La conclusione, pubblicata sul Journal of Sexual Medicine, è la seguente: “Misure investigative obiettive non sono riuscite a produrre un’evidenza forte e consistente dell’esistenza di una regione anatomica correlabile al famoso punto G”.

In poche parole l’esistenza del Punto G non ha nulla di scientifico, ma si basa essenzialemnte sugli aneddoti di alcune fortunate. Niente quindi di spiegabile o ritrovabile concretamente.

E tuttavia, gli stessi studiosi lasciano aperta una speranza per quelli che proprio non voglio rinunciare a credere all’esistenza del tanto disusso punto G. Se da una parte evidenziano come il mito dell’”interruttore del piacere femminile” sia cresciuo negli anni ’80 con la liberazione sessuale della donna in Occidente, dall’altro lato ammettono che anche se non vi sono prove scientificamente inconfutabili della sua esistenza, le testimonianze dirette necessitano di approfondimenti.

Niente è perduto, la ricerca continua.