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Il Ghosting è una rottura “senza rottura”. È quando la persona con cui stavi uscendo e con cui, fino a ieri, sembrava andasse tutto bene – anzi, stavi appunto pensando che potrebbe esserci un futuro! – d’improvviso sparisce.

Puff. Nessuna motivazione. Nessuna scusa. Smette semplicemente di scrivere, di farsi vivo. Non risponde ai messaggi, ignora le chiamate… sparisce. E proprio come un fantasma (in inglese “ghost”) sentiamo ancora la sua presenza ma non vedendo/sentendo più la persona, arriviamo al punto di pensare che, forse, il rapporto ce lo siamo immaginato.

Sparendo del tutto, il “Ghoster” sta di fatto mettendo la parola fine al neonato rapporto, senza nemmeno la buona creanza di discuterne (o quanto meno avvisare!) la persona interessata. Brutale no? Eppure la tendenza sta prendendo sempre più piete.

La cosa peggiore per le vittime di ghosting è la più completa e totale mancanza di segnali premonitori. Il giorno prima sole, cuore, amore; il giorno dopo… il silenzio, e quindi l’abbandono. Ecco perché il ghosting è forse la rottura più difficile da accettare e superare.

A prima vista non ha motivi. Non ci dà elementi chiari che possiamo processare, risolvere. Non punta il dito verso uno specifico problema, fosse anche un difetto o un angolo della nostra personalità da smussare. L’unica cosa che “sappiamo” è che c’è qualcosa di tremendamente sbagliato in noi. Al punto da spingere l’altro a filarsela, letteralmente, all’inglese.

Nel ghosting non impariamo dai nostri errori – visto che non sappiamo se ce ne siano stati – e la vittima finisce per sentirsi confusa, umiliata e abbandonata.

Come si supera allora una rottura da ghosting? Prima di tutto smettendo di autocolpevolizzarsi. Per un’ampia fetta di psicologi e sociologi, il “ghoster” è una persona egocentrica, narcisista patologica, immatura, incapace di assumersi responsabilità o di affrontare situazioni che possano suscitare emozioni negative.

Detto così forse l’abbiamo scampata bella!

 

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