La foto

di Thalia_Devreaux

 

A cavalcioni sulla sedia, con il busto in avanti, le mani sui fianchi e il sedere sporto all’indietro, contemplo il mio riflesso allo specchio. Immagino lo sguardo dell’uomo che si trova alle mie spalle indugiare sul mio didietro inguainato nelle calze a rete. Già me lo vedo, attardarsi sul tanga di pizzo che accentua la curva delle natiche e che ho indossato sopra le calze. Colpo di grazia, indosso un paio di scarpe nere con il tacco a spillo.

Si comporta in modo professionale con la sua macchina fotografica, cercando di nascondere l’attrazione che gli suscito. Mi gira intorno per trovare l’angolo migliore, la luce più adatta. Tutte scuse per continuare a guardarmi. Per farmi credere che non sono che un oggetto da immortalare nonostante la situazione inviti all’erotismo e il luogo al peccato.

A pochi passi da noi si apre una terrazza con una balaustra barocca e la vista sul mare, un altro cliché. Non sarei sorpresa se mi facesse mettere in una qualche posa allusiva che invita a godere di me come della vista magnifica.

Finalmente, trova l’inquadratura giusta. Non mi parla e non mi guarda. Cerca di restare concentrato per non rovinare lo scatto perfetto, in cui tutto è in armonia. Il chiaroscuro perfetto, della luce che gioca sul mio corpo e ne esalta le forme voluttuose. L’istante perfetto, della mia vita e della mia bellezza, che non tornerà mai più. Adesso è di fretta, terrorizzato all’idea di mancare il momento fuori dal quale la sua visione perfetta non potrebbe realizzarsi.

Penso alla modella che fingo di essere. Lei è abituata a questo tipo di routine. Arriva, si mette in posa, prende l’assegno e se ne va, in silenzio. Lui non sa che io non sono lei, che è talmente malata da non potersi alzare dal letto. Un’altra avrebbe potuto rimpiazzarla. E invece, lei aveva mandato me. Una scommessa, una sfida, un’idea che ci ballava in testa da mesi.

Il fotografo non la conosceva personalmente. Cercava una modella per il suo libro fotografico sulla sensualità. Nell’annuncio aveva messo le foto del luogo dello shooting, Creta. Il cachet previsto era ben al di sotto di quello che prendeva di solito la mia amica. Tuttavia l’idea di farsi una vacanza a Creta l’aveva spinta a rispondere all’annuncio.

Gli aveva proposto quello che in gergo si chiama uno “scambio merce”. Le facevano comodo scatti di questo tipo per ampliare il suo book e ottenere nuovi ingaggi. In cambio, lui le avrebbe pagato il soggiorno sull’isola. Mi unii a lei approfittando di questa vacanza fuori programma lontano dal mio compagno. Tra noi andava a gonfie vele ma ogni tanto mi piaceva partire per i fatti miei.

L’uomo che adesso si trova dietro di me era stato felice di poter lavorare con una vera professionista. A quanto pare non aveva fatto ricerche sulla mia amica, forse per non farsi influenzare dagli scatti di un altro fotografo e perdere la sua visione a favore di quella di qualcun altro.

Sorrido. Lui non sa che non sono lei. La paura di corrompere la sua visione gli ha impedito di accorgersi dell’inganno. Obbedisco alle sue direttive così come farebbe lei. Era stata lei a scegliere il mio outfit, forse la migliore delle distrazioni. Come poteva accorgersi che io non ero lei se ciò che indossavo era stato suggerito da lui in persona?

Tutto ciò mi eccita. Da morire. Questo gioco delle parti mi scatena una piacevole tensione al ventre. Sporgo la testa in avanti, i miei capelli bruni sciolti sul collo fino alle scapole, come lui li vuole. Si avvicina per spostare delicatamente qualche ciocca per ottenere il chiaroscuro che desidera. Questo primo contatto tra noi mi manda una scarica lungo la schiena. Le sue dita mi sfiorano la pelle e io vorrei sentire la sue mani su di me. Quasi mi dimentico che sto per sposarmi.

Si rimette alle mie spalle. Adesso mi vede di tre quarti, i capelli che nascondono in parte il mio viso. Meglio. Così non sarò riconoscibile se il mio compagno dovesse vedere un giorno questi scatti. Mi piace fare la modella, anche se in questo momento sono praticamente nuda e in una posa tutt’altro che elegante.

E come una brava modella resto immobile per permettergli di fare gli ultimi aggiustamenti prima di catturare lo scatto perfetto. L’attesa deliziosa aumenta l’insorgere di idee maliziose che mi scorrono in testa come un film. In questa posizione sarebbe facile passare ad altro. Dovrei solo sporgermi un po’ di più e rimanere ferma come una brava bambina obbediente.

Di riflesso mi mordo il labbro inferiore. Le mie dita si serrano sullo schienale. Il respiro si fa più veloce. L’ondata di calore che si scatena dal ventre e si diffonde lungo il resto del corpo. Mi trattengo dal serrare le cosce, questa posizione non me lo consente. Prego affinché si sbrighi a scattare questa foto ma non oso mettergli fretta. Rimango in silenzio, così come lo sono stata fino ad ora. Non ho aperto bocca, se non quando strettamente necessario.

Finalmente inizia a scattare, muovendosi in cerchio intorno a me. Adesso riesco a vederlo riflesso nello specchio che ho di fronte. Sta cercando l’inquadratura migliore. La troverà solo una volta sviluppate le foto. Lui non lo sa, ma sta immortalando la mia prima volta. La prima volta che faccio qualcosa fuori dagli schemi. Mi domando se non senta anche lui la tensione che c’è nell’aria. O se, invece, tutto ciò non faccia più né caldo né freddo quando sei del mestiere. Io lo trovo eccitante, forse troppo. E non voglio che finisca subito.

Mi si mette di fronte ma non sembra convinto di questa inquadratura. Si ferma. Riflette su come potrebbe rendere lo scatto interessante. Mi chiede di cambiare posizione. Mi avvicino allo specchio e mi metto come dice, verificando con la coda dell’occhio che la parte bassa del body non tradisca la mia eccitazione.

Ricomincia a girarmi intorno. Mi rimetto i capelli intorno al viso come vuole lui. Non si deve vedere niente nel riflesso dello specchio. Lui scatta una foto dopo l’altra e finalmente si ferma. Ha finito. Mi scappa un sospiro. Mi era piaciuto giocare alla modella.

Mi faccio coraggio e gli propongo di fare qualche scatto più audace. Per un istante lo sento dubbioso ma poi acconsente. Mi rimetto in posa sulla sedia e gli propongo di inquadrarmi dall’alto. Quando l’obbiettivo si posa su di me è come se si creasse un legame. Un’alchimia che prima non c’era. Adesso non parliamo, non è più necessario.

Inizia a scattare. Ormai ho rotto il ghiaccio e mi sento audace. Mi porto le mani al seno. Lui blocca il movimento per poterlo immortalare in una nuova serie di scatti. Ho l’impressione di essere dentro a un gioco. Un gioco in cui non sono fidanzata, in cui sono un’altra persona e non voglio che finisca. Adesso tra noi c’è qualcosa di magico, di unico. Non mi sono mai sentita così a mio agio nel mio corpo prima d’ora.

Mi sento accaldata ma spogliarmi non mi porta alcun refrigerio, anzi. Mi abbasso il body facendo uscire il seno e lo schiaccio contro lo schienale della sedia. Lui cerca di rimanere professionale e si complimenta per l’idea ma sento che la sua voce inizia a tremare. Non lo lascio indifferente, e la cosa è reciproca. Metto da parte l’idea del mio fidanzato. Voglio togliermelo dalla testa e concentrarmi unicamente su quanto sta succedendo ora.

Il fotografo adesso non mi dà più ordini. Si accontenta di aspettare la mia prossima mossa. Io, invece, mi faccio più ardita a ogni nuovo scatto. Mi piace stare sotto ai riflettori e la cosa mi fa sentire sicura di me come mai prima d’ora. E pensare che questa mattina me la facevo sotto pensando di non riuscire neanche a muovermi e che sarei rimasta rigida come un pezzo di legno! Riprendo la posizione iniziale, a cavalcioni sulla sedia. Ma questa volta il body è rimasto a terra.

Lui nel frattempo non ha detto una parola, limitandosi a fotografare. Mi eccito da sola, cercando di seguirlo attraverso il riflesso nello specchio. Vedo la sua erezione, la prova concreta dell’effetto che gli faccio. Se ne accorge e si ritira prontamente dal mio capo visivo. La sua vergogna mi eccita ancora di più.

Sempre dandogli la schiena mi sfilo le calze a rete. Purtroppo lui non si trova nella posizione giusta per riuscire a vedere le mie parti intime nude nello specchio. Peccato.

Sorrido tra me e me. Tiro indietro le spalle e inarco la schiena. Mi sento sempre più bagnata, ho quasi paura di macchiare il divano, su cui nel frattempo mi sono spostata. Sono al limite dell’indecenza e questo mi fa girare la testa. Mi muovo con naturalezza, come se tutto ciò fosse un’abitudine.

Lui finisce di scattare. Non può resistere all’atmosfera sensuale che ho costruito. Lo sento avvicinarsi e fermarsi dietro di me. Non mi tocca eppure mi sembra quasi di sentirlo. Ci guardiamo attraverso lo specchio. Non ci diciamo una parola, non serve.

Raddrizzo la schiena, sempre dandogli le spalle, e mi metto in ginocchio sul divano. Mi sporgo in avanti, la mia vulva alla giusta altezza. Ormai sono il personaggio che ho costruito. Lui posa a terra l’apparecchio e fruga nello zaino per tirare fuori un preservativo. Si spoglia in fretta e torna a mettersi dietro di me.

Non osa toccarmi, solo il suo membro dritto e fiero mi accarezza, prima di entrare lentamente dentro di me. Solo allora le sue mani si posano sui miei fianchi. È proprio come quando fotografa: si prende il suo tempo per esaminare ogni dettaglio, osservandomi nello specchio e scegliendo la giusta posizione prima di scattare.

Mi dimentico completamente del mio compagno. Per me adesso c’è solo lui. Il suo orgasmo è l’ultimo scatto, l’ultimo della serie più interessante della giornata, immortalata però solo nei nostri ricordi. Ci siamo visti venire nello specchio, così come ci siamo osservati tutto il giorno attraverso di esso e come continuiamo a fare, anche adesso che lui mi abbraccia prima di staccarsi.

Ci rivestiamo senza guardarci, ognuno nel suo angolo, sempre in silenzio. Mi stacca un assegno con il compenso della giornata. Dal suo sguardo capisco che vorrebbe parlare di cosa è appena successo. Gli metto un dito sulle labbra, lo bacio sulla guancia e lascio lo studio.

Cammino verso l’albergo ripensando a ciò che è successo e rivivendo ogni istante: come ho posato, come mi sono spogliata per eccitarlo sempre di più e come alla fine lo abbiamo fatto non potendo più resistere a quella tensione erotica ormai diventata palpabile, insostenibile. Non provo rimorsi. Non ho rimpianti. Quello che succede a Creta, rimane a Creta, dice una vocetta dentro di me che mi fa sorridere.

Qualche ora più tardi la mia amica riceve una email dal fotografo. La ringrazia e le chiede se le piacerebbe continuare quanto iniziato. In allegato mette lo scatto che sarà la copertina del libro. La mia amica mi guarda con malizia mentre le confesso quello che è successo, facendomi promettere di mantenere il più assoluto segreto. E le chiedo di rispondergli, dicendo anche a lui la verità ma senza rivelargli la mia identità.

 

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